Gli studiosi affermano che l’uomo ha iniziato a bere vino in tempi lontanissimi. Probabilmente circa diecimila anni fa, nel Caucaso, la fermentazione di un poco di uva dimenticata in un recipiente avvenne in modo spontaneo, e chi assaggiò quella bevanda la trovò gradevole. Furono gli Egiziani, molti millenni più tardi, a coltivare vigne e produrre vino. La Bibbia indica invece Noè come primo produttore e consumatore di questa bevanda alcolica.
Sta di fatto che le origini del vino si perdono nella notte dei tempi, ma da allora la sua storia non ha conosciuto momenti di pausa. Viene prodotto in tutto il mondo e a tutte le latitudini, o quasi.
Il vino è una bevanda alcolica, una miscela composta principalmente di acqua e alcol etilico. Le altre sostanze presenti possono arricchire il vino donandogli un sapore gradevole, come per esempio i polifenoli e le antocianine, mentre altre, come l’anidride solforosa, in quantità elevate, sono tossiche.
I Paesi della comunità europea, Italia compresa, proibiscono ai prodotti ottenuti tramite fermentazione di uve che non appartengono, almeno in parte, alla vitis vinifera, di essere commercializzati come vino.
Un terreno ben esposto e drenato è l’ideale per la coltivazione del glera. È questo il nome del vitigno che è la base per la produzione del vino italiano più esportato nel mondo: il Prosecco.
Grappoli grandi e lunghi, acini di colore giallo dorato caratterizzano questa uva conosciuta già all’epoca dei Romani e inizialmente coltivata vicino a Trieste, in località Prosecco, per produrre un vino anticamente chiamato pucino. Una piccola parte delle uve usate per la produzione e comunque non più del 15% possono provenire da altri vitigni, tra i quali troviamo lo chardonnay, il pinot grigio e quello bianco.
Ben 400 milioni di bottiglie prodotte solo nei primi sei mesi di questo anno.
Principalmente sono riconosciuti tre tipi di Prosecco:
Il Prosecco frizzante che ha minimo 9% di vol., ovvero la percentuale di alcool contenuta.
Il vino, secco, ha un colore giallo paglierino e un gusto fresco.
Il Prosecco classico con almeno 10,5% di vol.
Il Prosecco spumante con minimo 11% di vol., può andare da extra brut a dry.
La zona di produzione dello spumante piemontese comprende le colline situate tra Alessandria, Asti e Cuneo. Il terreno si deve trovare a minimo duecentocinquanta metri di altitudine ed essere marnoso, con una moderata fertilità. È assolutamente vietato piantare i vigneti nel fondovalle. Ognuno deve essere composto da almeno 4000 ceppi per ettaro.
Per chi non conosce la viticultura possono sembrare notizie senza importanza. In effetti chi vuole mettere sul mercato un prodotto DOP o IGIP o DECO deve sottostare a quanto richiesto da un Disciplinare, ovvero una norma di legge che determina i requisiti necessari per ottenere la qualifica.
I produttori piemontesi sono orgogliosi dei loro vini e ci tengono in maniera particolare ad offrire un prodotto esclusivo, che non ha rivali e anche per questo hanno costituito il Consorzio Alta Langa Docg.
Quindici cantine, nomi già noti a livello mondiale ed altri che presto lo saranno, hanno voluto unire l’amore per il loro vino e per la loro terra, il Piemonte. L’azienda Gancia è nata nel 1850, e le sue cantine storiche situate nel sottosuolo della città di Canelli, sono candidate nella lista dell’Unesco per diventare patrimonio dell’umanità. La famiglia Avezza festeggia quest’anno i sessant’anni di attività e la passione è ancora viva come all’inizio. La Giulio Cocchi è un’azienda storica astigiana, che si distingue per la lavorazione sempre interamente eseguita a mano.
E tante altre, ognuna con la sua caratteristica particolare che la rende unica.
Le bollicine del Prosecco si formano durante la trasformazione dello zucchero durante la spumantizzazione. E’ un vino che va bevuto giovane, preferibilmente entro un anno dalla produzione. Va servito freddo in un calice ampio. Perfetto per un aperitivo, non può mancare ad un happy hour con un piatto di pesce o formaggi non stagionati. Durante un pranzo si accompagna bene con pietanze dal sapore fresco. Non può mancare sulla tavola degli italiani.
“